AI e recruiting: 3 errori da evitare per non far finire la tua azienda nei guai

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 AI e recruiting, si può fare? La risposta è sì, ma bisogna sempre rispettare le regole. Ecco gli errori più comuni da evitare a tutti i costi. Immagina un software che ti analizza migliaia di CV in pochi minuti, individuando i candidati perfetti per la tua azienda.

I vantaggi sono evidenti: efficienza e risparmio di tempo. Ma l’etica e la privacy dove le mettiamo? Molto semplicemente, quando si parla di AI e recruiting NON PUOI permetterti di non tenere conto di questi aspetti. Lo sappiamo, l’AI porta grandi vantaggi ma anche grandi responsabilità: l’AI Act, infatti, specifica chiaramente che l’uso dell’AI per il recruiting viene considerato e classificato ad alto rischio.

Ecco tre errori comuni che le aziende devono evitare per non finire nei guai.

Errore 1: Ignorare la normativa sulla privacy

Uno dei principali rischi su AI e recruiting è la violazione della normativa sulla privacy. Il GDPR stabilisce regole precise sul trattamento dei dati personali, inclusi quelli raccolti durante il processo di selezione. Bisogna quindi, per primissima cosa, garantire trasparenza e preparare un’informativa sulla privacy a norma a cui attenersi. Il GDPR, infatti, precisa che queste informative sulla privacy devono specificare chiaramente l’eventuale esistenza di un processo automatizzato (e nel caso specificare anche che sia dedicato alla profilazione) e anche quali sono le logiche applicate in questo processo di selezione.

Inoltre può essere necessario ottenere anche il consenso dei candidati, in particolare per eventuali categorie di informazioni personali come quelle relative a salute, orientamento politico e/o sessuale, credo religioso, eventuali appartenenze sindacali, eccetera.

Perché la realtà è che è estremamente facile incorrere in violazioni per leggerezza, soprattutto con pratiche come il CV scraping, che consiste nell’estrazione automatica di informazioni dei curriculum. Questa tecnica presenta diverse insidie che possono innescare discriminazioni, come ad esempio escludere candidati qualificati sulla base di caratteristiche demografiche, anziché sulle loro reali competenze

Errore 2: Non avere delle politiche sull’uso dell’AI in Azienda

L’implementazione tra AI e recruiting necessita quindi, per forza di cose, di una governance chiara e ben definita. Le aziende devono sviluppare politiche specifiche sull’uso dell’AI, che includano linee guida etiche e pratiche di trasparenza. Senza queste politiche, l’uso dell’AI può diventare incontrollato e portare a decisioni che non rispettano i valori aziendali. Ad esempio, è essenziale stabilire chi è responsabile della supervisione dell’AI, come vengono gestiti i dati e in quali casistiche d’uso è possibile usare l’AI. La mancanza di politiche chiare può aprire la strada a utilizzi impropri, a violazioni della privacy e a decisioni discriminatorie. E non basta stabilirle a voce: queste policy vanno ufficializzate e messe su carta, e spiegate accuratamente ai dipendenti durante il processo di formazione (e di aggiornamento). Con l’AI Act, infatti, bisogna tenere conto anche del fatto che l’AI Literacy diventa un obbligo di legge.

Errore 3: Sottovalutare il rischio di bias

Un altro rischio significativo è il bias tra AI e recruiting. Gli algoritmi di selezione possono essere influenzati da pregiudizi, portando a discriminazioni nel processo di selezione. Questo può avere conseguenze gravi, come cause legali, perdita di talenti e danno all’immagine aziendale.

Gli algoritmi possono perpetuare bias esistenti nei dati di training, favorendo certi gruppi di candidati rispetto ad altri. È fondamentale monitorare e correggere questi bias per garantire un processo di selezione equo e inclusivo. Le aziende devono investire in tecnologie e pratiche che riducano il rischio di bias e promuovano la diversità.

AI e recruiting: la parola d’ordine è responsabilità

Nonostante i rischi, l’AI offre numerosi benefici nel recruiting, come l’ottimizzazione del processo di selezione e l’attrazione dei migliori talenti. E per questo affrontare questi rischi con una consulenza personalizzata che aiuti le aziende a usare l’AI in modo etico e legale può essere davvero utile.

E poi dobbiamo assolutamente sfatare il mito che l’AI possa sostituire completamente l’HR. Il giudizio umano rimane fondamentale per valutare soft skills, motivazioni e potenziale dei candidati. Come sempre la ragionevolezza è indispensabile: l’AI può essere un potente strumento di supporto, ma la supervisione umana è imprescindibile per garantire un processo di selezione equilibrato e rispettoso dei valori aziendali.

Insomma, essere proattivi nell’implementazione tra AI e recruiting è certamente possibile, l’importante è procedere con consapevolezza, responsabilità e conformità, adottando misure che garantiscano l’equità e la trasparenza. Solo così potranno sfruttare appieno i vantaggi dell’AI senza incorrere in rischi legali ed etici.